Articolo tratto da Quattromura del 17/03/2001
Dal 1998 ad oggi, grazie alle detrazioni fiscali previste per i lavori di manutenzione straordinaria nell’edilizia privata, molti proprietari di immobili hanno provveduto a ristrutturare parzialmente o totalmente le loro proprietà.
Per quanto riguarda le opere eseguite in ambito condominiale, esse sono consistite principalmente nel rifacimento delle facciate, ma non solo. Infatti, molti condominii, approfittando della presenza nel fabbricato di imprese edili con relative impalcature per la ristrutturazione della facciata, hanno affrontato anche il problema della presenza di amianto nella struttura.
Ricordiamo che per circa quarant’anni nell’edilizia c’è stata una larga applicazione di fibre minerali naturali quali per l’appunto l’amianto e dei suoi corrispondenti materiali sintetici come la lana di vetro e di roccia. La diffusione di questi materiali trova spiegazione nelle eccellenti proprietà di resistenza al fuoco, al calore ed all’attacco chimico applicate come materiale di finitura antifiamma ed antiriflesso acustico, come isolante termico e come componente per la produzione di pavimenti.
Purtroppo, però, all’epoca non erano ancora noti gli effetti nocivi che questi materiali avrebbero procurato all’uomo. A tal proposito, alla fine degli anni Ottanta ha preso vita un forte processo di riqualificazione ambientale culminato poi con la Legge 257 del 26 marzo 1992 e relativi Decreti d’attuazione con i quali si è riconosciuto il rischio derivato dalla presenza dell’amianto nel contesto urbano ed ambientale.
In particolare, l’art. 3 del Decreto del Ministero della Sanità del 6/9/94 (Normative e metodologie tecniche … relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto) definisce i relativi metodi di bonifica: a) rimozione dei materiali di amianto; b) incapsulamento; c) confinamento; d) indicazioni per la scelta del metodo di bonifica. Il Decreto in questione, pertanto, stabilisce anche in quali casi è opportuno adottare un metodo piuttosto che un altro.
Nei condominii gl’interventi più diffusi si riferiscono per lo più all’eliminazione delle tubazioni dell’impianto di riscaldamento centralizzato in disuso ed al ripristino dell’integrità delle lastre ondulate utilizzate comunemente per tettoie e coperture. Nel primo caso si provvede alla rimozione dei materiali nocivi in discariche speciali mediante l’intervento di ditte autorizzate. Questo intervento è l’unico che elimina ogni potenziale fonte di esposizione ma comporta elevati rischi di contaminazione per i lavoratori addetti alla rimozione e per l’ambiente circostante durante il trasporto.
Nel secondo caso, invece, si preferisce la tecnica del confinamento che consiste nell’installazione di una barriera a tenuta che separi l’amianto dalle aree occupate dell’edificio, ovvero la creazione di una nuova copertura posata al di sopra della vecchia al fine di eliminare il rischio causato dal rilascio di fibre di amianto ed a ripristinare la funzionalità del tetto. Tale intervento necessità però di continue verifiche essendo sempre presente l’amianto.
In definitiva conforta il numero sempre crescente di fabbricati che stanno affrontando in maniera concreta il problema dell’amianto: il rischio che si corre, però, è il coinvolgimento di ditte non autorizzate e il deposito dei materiali in discariche non specializzate. Finora sembra che la questione non sia stata sottovalutata e la speranza è quella di vedere una continua crescita in questa direzione.
Mariano Russo